mercoledì 4 dicembre 2019

LA VERITÀ TI RENDERÀ LIBERO

CONDANNATO A MORTE (1995)
Basato sull'omonimo romanzo autobiografico di suor Helen Prejean. Il titolo, Dead man walking è preso dall'espressione che comunemente usano i carcerieri americani per annunciare il tragitto che il condannato a morte compie fra la sua cella e la sala dell'esecuzione (l'uomo morto che cammina).

   Matthew Poncelet, condannato a morte per stupro e duplice omicidio continua a professarsi innocente e scarica tutta la responsabilità sul presunto complice, che "se l'è cavata" con l'ergastolo perché ha avuto un difensore migliore. Nel buio pesto di questa situazione Suor Helen viene scelta da Matthew come suo "consigliere spirituale", vale a dire l'unica persona che può assistere un condannato a morte nei suoi ultimi sei giorni e che può farlo fino all'ultimo istante (il numero 6 è simbolo dei giorno in cui Dio creò l'uomo e qui altri 6 giorni per salvarsi). Tra i grandi temi da riflettere su questa vicenda, due sono di vitale importanza, uno morale: la pena capitale e poi l'altro spirituale: la libertà interiore che equivale alla verità. Vediamo alcuni spunti e dubbi essenziale per l'approfondimento di queste due tematiche:

- Il primo è la pena di morte, assurda in quanto ti puniscono con lo stesso delitto per cui sei stato accusato (la legge del taglione: occhio per occhio e dente per dente, quindi morte per morte), questa procedura non lascia spazio al pentimento e tanto meno alla riparazione o la riabilitazione della persona accusata. Se, come dice suora Helen "Ogni persona vale più della sua peggior azione", la pena di morte non ha nulla di umano. Ma che cosa ha di umano una persona che uccide a sangue freddo e quasi ne prova piacere nel far soffrire le sue vittime? Difficile appellarsi alla giustizia divina (l'uomo ha diritto alla redenzione) quando quella umana non è presa più in considerazione (l'uomo che si comporta peggio di un animale). Sono ben 36 Stati su 50 che compongono gli USA che applicano la pena capitale di morte.

- Il secondo filone tematico è la coerenza dell'uomo con la sua coscienza, quindi la giustizia umana potrebbe tradirti ed accusarti ingiustamente, ma è assurdo che tu ti tradisca mentendo a te stesso, questa è la ragione del perchè suor Helen cerca di far comprendere a Matthew che dichiarandosi innocente uccide due volte il dolore delle vittime ed uccide sopratutto se stesso. Lui riesce a vedersi innocente nel cuore di questa donna, non perchè lo sia, ma perchè lei comprende che lui è a sua volta vittima di una mancanza di affetto, di amore, di comprensione, di dignità, valori che se avesse avuti non li avrebbe distrutto in quella coppia che ha assassinato e stuprato. Matthew negli occhi di Helen si guarda innocente e si sente perdonato, non dagli uomini, non dalla giustizia, ma dalla sua stessa coscienza, è allora che riesce a confessare la verità e chiede perdono al dolore dei parenti delle vittime. Muore con la dignità che non ha avuto in vita. La confessione ha un potere guaritore e psicologicamente liberatorio, non è un potere sacramentale ecclesiastico per avere in mano la coscienza dell persone. La Chiesa ha fallito impostando il sacramento della confessione come una lavatrice dove uno schiaccia dei bottoni (riconoscimento, pentimento, penitenza, riconciliazione, ecc...) e tu vieni ripulito dalla tua immondizia senza poi fregartene nè di chi hai tradito nè tanto meno di Dio che è un lava panni sporchi, quel che conta è apparire puliti più che rimediare alla sporcizia che abbiamo gettato negli altri. Dire ad un altro i tuoi peccati non serve per umiliarsi e tanto meno per avere un potere (sacramentale) di rimettere i peccati altrui (questo è l'aspetto superstizioso della confessione), ma è il sentirsi compreso, capito ed amato così come sei, anche nel tuo male, senza essere giudicato, ecco è questo ciò che guarisce l'anima: è  misericordia, amore materno, allora agisci e rimedi, cerchi di fare del bene dove hai fatto del male. Non serve a nulla dire a Dio in preghiera i tuoi peccati: lui non risponde, non parla, è parlare da solo con te stesso, non agisce, non funziona; tutto ció che non si incarna (come il Verbo o Cristo nell'Uomo) non è divino, ragione per cui confessarsi, aprire il proprio cuore ad un altra persona (qualunque essa sia, basta che ti comprenda) questo è sacramento, è divino, è salvifico. Ti liberi di te stesso e anche dal prete che ti obbliga a confessarti. Non è un caso che è una suora (non abilitata alla confessione sacramentale) e non un prete a portare quest'uomo alla redenzione della sua coscienza. Confessore è chi comprende e ti ama, non chi ha ricevuto un ministero d aparte di chissà quale istituzione religiosa che non può arrogarsi il potere di avere in mano i poteri di Dio cioè dell'amore che sono al servizio di tutti gli uomini.

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