BIOGRAFICO

GREEN BOOK (2018)
E' la storia vera di una amicizia tra  Tony Lip (pseudonimo di Frank Anthony Vallelonga), un buttafuori, grezzo, di origini italiane quindi in quanto emigrante vive e si comporta in America come un nero di anima e il suo capo, datore di lavoro occasionale, il famoso pianista  Don Shirley, un uomo nero che ha un talento per la musica classica quindi suona per i bianchi e è uno die primi pianisti neri di musica classica. Tony accompagna Shirley a fare un tour di concerti nel profondo sud degli Stati Uniti, il che vuol dire affrontare la mentalità razzista contro i neri. Il film è davvero bello, un intreccio tra pelle bianca e pelle nera, ma sentimenti grezzi quindi neri di Tony e i modi raffinati ed eleganti quindi bianchi di Shirley. Nell'anima quindi si scoprono che sono due neri di cuore e due bianchi di testa. Come il latte col caffè si unisono e formano un nuovo composto, un amicizia profonda, non saranno più gli stessi nè Tony nè Shirley. Tony pur grezzo sa vivere le cose essenziali con massima semplicità, mentre Shirley nella sua raffinatezza insegna a Tony il valore e la delicatezza delle emozioni più contrastanti.... perchè come ha imparato Tony: " Il mondo è pieno di gente sola che ha paura a fare il primo passo ".

MAUDIE
Un film che, come l'arte, non ammette le apparenze, per cui o siete degli amanti dei dettagli ed osservatori profondi della semplicità o siete fuori dal film che con la sua lentezza zen vi porterà ad annoiarvi, perchè il film è un susseguirsi di pennellate, un dipingersi di atti, azioni, sentimenti, attese, incontri, scontri, speranze....  La pellicola racconta la vita dell'artista canadese Maud Lewis, affetta di artrite deformate ma con una lucidità mentale e una finezza di anima che la portano a cogliere la realtà con una sensibilità fuori dal comune, ed è proprio questo ciò che manca al suo compagno, Everett Lewis è un uomo molto limitato nel saper esprimere le emozioni che lei coglie al volo e velocemente, in poche parole, lui è limitato dentro, burbero, scontroso, maschilista (artrite sentimentale e mentale) ma lei ha quello che manca a lui, mentre lui offre a lei la mobilità e quella stabilità economica che manca a lei, pur nella povertà diventano ricchi dentro, il loro piccolo mondo si apre persino ai mass-media e al mondo intero. Il film è una poesia dipinta con i colori dell'amore dentro la cornice insignificante del quotidiano. Lui è un uomo in bianco e Nero, solitario, da solo diventa grigio quindi impasticciato solo son se stesso, lei porta ordine e mille colori a quella casa sperduta dove il senso dipinge un incontro di ritrovo: la vita a colori, l'amore. Maudie non ha nulla, tranne una cosa sola: la felicità, ecco ciò che colpisce di cui nella sua vita, non ha nulla ma ha il senso del tutto, lei attraverso la finestra di casa vede l'universo, ecco perchè tutto il film e tutta la sua vita viene incorniciata proprio in questa sua frase: "Tutta la nostra vita è già incorniciata, guarda qui". 

NEL NOME DEL PADRE (1993)
È tratto dal romanzo autobiografico Proved Innocent di Gerry Conlon, uno dei Guildford Four (tre ragazzi nordirlandesi e una ragazza inglese accusati di aver provocato un'esplosione in un pub di Guildford, oltre ad altri reati) diretto da Jim Sheridan.
Questo film è uno di quelli che io definisco un colpo allo stomaco o una pugnalata al cuore, per di più quando si tratta di una storia vera. 
  In poche parole descrive come è pericoloso avere ragione quando la giustizia ha torto, perchè le forze dell'ordine sono condannate davanti alla società non solo ad avere sempre ragione ma a compiere a qualunque costo (anche al prezzo dell'ingiustizia) il dovere di punire i colpevoli, ma se non si trovano i colpevoli un capro espiatorio ci deve essere per forza (violenza statale legalizzata allo Stato puro ed impuro). Dunque tutto il sistema giudiziario non cerca la verità ma salvarsi la propria pelle di fronte alla società per non perdere la sua credibilità di potere e per farlo ci rimettono la pelle degli innocenti in molti casi. La legge umana è sempre stata parziale, miope, se poi condizionata dal suo status quo professionale, giudici avvocati e poliziotti sono costretti a corrompersi per salvaguardarsi l'immagine. Per fermare le bombe i poliziotti hanno fatto esplodere la vita di 8 innocenti in carcere e come conclude l'avvocatessa  Gareth Peirce:
"Bene, a questo punto possiamo anche cancellare la parola compassione dal nostro dizionario!"


IL PROFESSORE MARSTON E WONDER WOMAN (2017)
Il Dr. William Moulton Marston è uno psicologo ed inventore di Harvard che inventò la macchina della verità e il personaggio di Wonder Woman. Influenzato dal rapporto poliamoroso con la moglie Elizabeth e l'ex studentessa Olive Byrne e dagli ideali femministi delle due donne, Marston fu ispirato nella creazione della super eroina dei fumetti. Marston morì di cancro alla pelle nel 1947 e Elizabeth e Olive rimasero una coppia e allevarono insieme i loro figli.
Un rapporto a 3, un po' costretto da lui, un po' rassegnato da parte della moglie ma alla fine pieno di intrighi, amore, passione, erotismo e un pizzico di perversione. 1915 Marston sposò Elizabeth Holloway, brillante studentessa e poi ricercatrice in psicologia alla Boston University, poi nel 1925 Marston conobbe la studentessa Olive Byrne, che diverrà la sua seconda partner di vita. Tramite Olive inizia a far parte ai riti di iniziazione della sua confraternita studentesca femminile, a sfondo sessuale. Fu così che la relazione psicologica di dominazione-sottomissione e le fantasie di bondage presero il sopravento per sempre 
(quella corda di wonder woman ha dell'altro, dice tante altre verità!!!). 
Marston chiese (o meglio impose visto l'ultimatum) alla moglie di fare un rapporto a 3 insieme ad Olive (“o accetti Olive, o te ne vai”). Le donne innamorate dello stesso orizzonte (l'ego di Marston) trovarono l'accordo. Nella pratica del bondage Marston esplora, in prima persona da psicologo, i reconditi della sua anima inquieta assaporando la superiorità intellettiva femminile e plasmando nel suo immaginario di Wonder Woman le sue due meravigliose donne, sostenendo che c’è un ideale maschile intrinseco di libertà mai priva di anarchia ed aggressività (anche mentale quindi non necessariamente fisica e neppure sadica) e d'altra parte un ideale femminile di attrazione amoroso che si sottomette all'autorità amata (devozione). Nel 1941, con l’apporto della moglie, della compagna e del disegnatore Harry G. Peters, Marston ideò il personaggio di Wonder Woman, un idea controcorrente visto che la donna non aveva un posto tra gli eroi, un opportunità davvero fantastica per il femminismo nascente. Ma quello che Marston predica e non pratica (predica bene e razzola male):  Marston teorizzava l’intrinseca superiorità mentale delle donne rispetto agli uomini; Wonder Woman è l'eroina che si libera dal potere patriarcale, l'’amazzone Diana Prince diventa il simbolo e modello della donna emancipata (ma nella vita privata sia Elizabeth che Olive erano soggette all'adorazione di Marston). 
«Il miglior rimedio per rivalorizzare le qualità delle donne è creare un personaggio femminile con tutta la forza di Superman e in più il fascino di una donna brava e bella.»
(William Moultom Marston)


INDIAN, LA GRANDE SFIDA (2005)
Film biografico ispirato alla vita e alla carriera del motociclista Burt Munro, il suo sogno è quello di battere il record di velocità della sua categoria (motociclette con motore bicilindrico e cilindrata inferiore ai 1000 cm³), ma non può verificarlo se non sul lago di Bonneville nello Utah, dove si svolge annualmente, ancora oggi, la Speed Week, una manifestazione organizzata dalla Southern California Timing Association e dalla Bonneville Inc in cui è possibile spingere al massimo i propri veicoli ed essere cronometrati su tratti lunghi diverse miglia. 
Burt Munro è un ultrasessantenne che vive in un quartiere periferico di Invercargill, la città più a sud della Nuova Zelanda. Tra le ordinate villette a schiera con il giardino curato, il suo capanno di mattoni grigi circondato dall'erba alta lascia intendere che i pensieri di Burt sono costantemente puntati altrove. È un uomo cortese, semplice e solo, che fa colazione con le uova delle sue galline e prepara il tè con l'acqua piovana e i limoni dell'alberello su cui orina tutte le mattine. Con un prestito in banca e una colletta della comunità, Burt cerca di finanziarsi il viaggio verso la sfida. Il viaggio è ricco di avventure, incontri meravigliosi, personaggi ricchi di fascino. Memorabile ed emozionante è la scena in cui gli viene concesso di fare una prova sulla pista: i giudici e gli amici seguono Burt, che procede a bassa velocità per dimostrare che possiede equilibrio quando, all'improvviso, un boato fuoriesce dagli scarichi a megafono (tipici di quell'epoca) e la Indian scatta in avanti a velocità incredibile ed inaspettata.
Burt viene ammesso alla competizione e stabilisce un record di velocità su terra ancora oggi imbattuto. Una mensola del suo capanno è affollata dei componenti che ha realizzato in passato e che si sono rotti durante i rispettivi collaudi. Su questa mensola c'è scritto "Offerte al dio della velocità".
A tutt'oggi il record di categoria di 305.89 km/h stabilito da questo cocciuto centauro nel 1967 è rimasto imbattuto e per tutti i motociclisti Burt Munro è diventato un mito e la sua storica impresa una leggenda.

FLORENCE (2016)
Il film racconta la storia vera della cantante d'opera Florence Foster Jenkins, diventata nota per le sue scarse abilità canore. Allora, come ci è riuscita? Già da bambina aveva questo sogno, ostacolata (o meglio orientata) dal padre vedendo le sue scarse capacità canore, la oriento a diventare pianista, professione che le diede lavoro come insegnante per un tempo, ma una volta morto il padre ricevette un ingente eredita e, come capita spesso, i soldi riescono a farti arrivare dove le tue qualità sono impossibili: diventata benefattrice di teatri ed attività musicali, Florence fece tantissimo per la musica in quegli anni. Quindi oltre al potere del denaro il suo capriccio e soprattutto il fatto di credere ciecamente in se stessa ha fato sì che chi le stava intorno chiudesse un occhi e spesso anche tutti e due alle sue stonature e urlo da papera piuttosto che voce lirica. Dunque, un po come con la fiaba il re nudo, lei era ridicola ma tutti la lodavano, più per il suo entusiasmo, per il cuore che ci metteva dentro quando cantava più che per la voce. Questa sua caparbietà passo quindi come forza convincente, al punto che fece credere a tanti che lei facesse persino della parodia sulla lirica e con questo faceva divertire più che godere il suo pubblico. 
Il suo sogno diventerà realtà grazie al pianista Cosmé McMoon, interpretato nel film in maniera magistrale da un pianista che si è reso grande facendosi ridicolo ed all'attore teatrale St. Clair Bayfield, che diventa marito e manager di Florence; lui riuscirà ad organizzare un concerto per lei alla Carnegie Hall, evento storico del suo genere. Florence ci insegna che anche nella follia esiste sempre una ragione, basta crederci e farlo col cuore, anzi è morta persino d'infarto perchè i soldi non possono comprare una cosa: la fiducia in te stessa piuttosto che alle critiche dei giornalisti. Una frase immortala tutto il film e la sua vita: 
"Potete dire che non so cantare, ma non potete mai dire che non ho cantato". 

CITY OF GOD (2002)
Tratto dall'omonimo romanzo semi-autobiografico dello scrittore brasiliano Paulo Lins. Racconta la vita e lo sviluppo di una delle favelas in Rio di Janeiro chiama appunto la città di Dio. Quando si cresce nella povertà, l'indigenza, l'ignoranza e senza punti di riferimento, i bambini come mosche volano attratti dalla prima calamità che li intrappola: farsi strada a colpi di pistola, diventare ricchi rubando o crearsi il proprio impero con il dominio di un territorio attraverso il commercio della droga. La storia si svolge in maniera parallela, due vite con due orizzonti diametralmente diversi: Buscapé e Dadinho, entrambi tredicenni ma mossi da ambizioni diversissime, il primo vuole essere un fotografo, il secondo il più grande criminale e boss delle favelas. Buscapé trova mille ostacoli e delusioni mentre Dadinho diventa subito padrone della favela e nuota nel denaro, temuto e conosciuto con lo pseudonimo di Zé Pequeno. 
Buscapè raggiunge il suo sogno fotografando le disgrazie della guerra tra bande che si scatena nelle favelas, dietro la quale si cela anche la corruzione della polizia che guadagna sul traffico di armi e di droga, lavandosi le mani davanti ai giornalisti. Zé Pequeno alleva tra i suoi sicari le proprie vipere che lo faranno fuori, perchè in quanto idolo non vedono l'ora di detronizzarlo ed essere al supposto, ma lui si fida della sua grandezza senza contare che la forza di quei piccoli bambini sono le pistole che lui stesso li ha procurato. Un film crudo e crudele, dove la vita non vale nulla, dove si uccide per puro piacere, dove la violenza è un modo di vivere. 

SETTE ANNI IN TIBET (1997)
E' un film ispirato ad un libro autobiografico scritto da Heinrich Harrer, un giovane ed arrogante scalatore che mette al primo posto l'avventura di conquistare l'Himalaya trascurando la moglie incinta. La sua spedizione non avrà la fine aspettata, perchè travolta dagli avvenimenti storici della seconda guerra mondiale, ma proprio questo fatto farà sì che lui faccia da questo viaggio una ricerca interiore: si scoprirà smarrito come uomo, come amico, come padre. Accetterà i suoi limiti e, con l'aiuto dell'allora bambino Dalai Lama (montagna Sacra che si abbassa al suo livello) con il quale intreccerà una bella e profonda amicizia, Heinrich scoprirà che c'è una montagna ancor più alta da raggiungere: la sua paternità mancante, il suo onore e onesta di uomo, la semplicità della vita. Questo film narra il cambiamento spirituale di un anima che deve, non più scalare, ma abbassarsi nell'umiltà e farci passare sotto il suo altissimo Ego.
- Questa è un'altra grande differenza tra la nostra civiltà e la vostra: voi ammirate l'uomo che si spinge avanti, verso la cima, in ogni campo della vita, mentre noi ammiriamo l'uomo che abbandona il suo ego (Pema Lhaki)

- Dalai Lama: Dimmi cosa ti piace delle montagne.
-Heinrich Harrer: Mi piace l'assoluta semplicità, ecco cosa mi piace. Quando sei in scalata la tua mente è sgombra, libera da qualsiasi confusione: sei concentrato e, ad un tratto, la luce diventa più nitida, i suoni sono più ricchi e tu sei invaso dalla profonda, potente presenza della vita.

- Quando non sei in grado di combattere, devi abbracciare il tuo nemico. Se ha le braccia intorno a te, non può puntarti contro il fucile. (Ngawang Jigme)


LA TEORIA DEL TUTTO (2014)
E' un film biografico della vita di un laureando in Fisica appassionato di cosmologia o come lui la definisce "la religione per atei intelligenti" che si intreccia nell'amore alla vita di Jane che studia Lettere con specializzazione in Francese e Spagnolo, ma imparerà invece a capire una lingua più difficile: il silenzio del marito. Ben sappiamo che lui lascerà le impronte nella storia della scienza: la sua teoria dei buchi neri, il tentativo di spiegare l'origine e l'evoluzione del mondo, dell'uomo e di tutto l'universo nonchè in controluce l'evoluzione di un Dio immanente nel creato stesso o transeunte e cioè che passa nel tempo secondo i bisogni dell'uomo. Il tempo è il perno di questa storia: lui malato terminale che dedica i 2 anni di vita pronosticati dalla medicina e li fa dilungare fino a diventare ultrasettantenne. Lui cerca una formula che spieghi il tutto e trasversalmente tra le righe parallele è l'amore (per le mogli e i figli) che riesce alla fin fine ad unificare e dare ragione alle cose più assurde e contrarie della vita.  Sarà l'amore alla fine silenzioso la fede che lui mai ha confessato in quel Dio che sua moglie adora e dimostra nella dedizione a lui. Un film tenero come lo è la debolezza umana e pieno di speranza per chi avendo l'amore non si arrende. 

AMADEUS (1984)
Quando si dice il nome "Wolfgang Amadeus Mozart" tendiamo subito a pensare ad un uomo celebre, maturo, serio perchè la sua opera musicale monumentale proietta su di lui un ombra gigantesca, quindi lo immaginiamo come un colosso, un divo, una super star. Ma se dimentichiamo che Mozart morì a 35 anni e che quando era famoso era soltanto un bambino, perdiamo di vista la sua natura leggiadra e fuori luogo. In questo film, anche se non del tutto biografico, si può cogliere quell'aspetto umano, meschino, puerile, debole e per lo più immaturo di questo geniale musicista. Nel corso degli anni nacque e si diffuse la leggenda secondo cui Mozart sarebbe stato avvelenato, per invidia, dal compositore italiano Antonio Salieri. Questa diceria, priva di fondamento, ha ispirato diversi artisti nel corso dei secoli a fare diverse opere, tra cui l'opera teatrale di Peter Shaffer da cui venne tratto questo film. Salieri era consapevole della grandezza di Mozart e sapeva che lo avrebbe eclissato, ma quest'invidia con manifestazioni di disprezzo era sempre smorzata dall'ammirazione e l'amore che aveva per la musica del suo "rivale". Nel film Salieri commissiona un opera mai finita (come la verità) la Messa da Requiem per il padre di Mozart, da cui Mozart era profondamente legato e non vide morire, per di più morì senza che tra di loro ci fosse stato un chiarimento e una pace interiore; quest'opera fu il veleno psichico che portò Amadeus alla pazzia e alla morte. Ogni scena è accompagnata da una scelta di capolavori mozartiani, ragione per cui è un film per amanti della musica classica, nonchè dell'opera e del saper leggere tra le righe di una vita di corte e di nobiltà gli aspetti più umani: Mozart, ripetiamo, era comunque rimasto un giovane spensierato, amante delle baldorie, del suo amore per Costanza, del suo essere volgare e scurrile nei modi e nelle battute (risaputa la sua tendenza  ai riferimenti scherzosi con escrementi), il suo modo di ridere da sciocco e giullare. E infine, come un uomo di successo abbia fatto fatica a vivere della sua arte per cui economicamente sempre quasi a dover mendicare per farsui ascoltare dai Re dell'epoca. Il suo spirito libertino e letteralmente anarchico lo portarono sempre ad una lotta intellettuale contro le corte: Le nozze di Figaro a Il flauto magico al Don Giovanni... era opere non sempre del tutto ben viste in un mondo musicale inquadrato dalla religione e dalla mitologia greca. Un film davvero consigliatissimo per gli amanti del genere, non per caso fu vincitore di otto premi Oscar e di quattro Golden Globe.

IL DIRITTO DI CONTARE (2016)
Il film, basato sul libro omonimo di Margot Lee Shetterly, racconta la storia vera della matematica, scienziata e fisica afroamericana Katherine Johnson, che collaborò con la NASA, sfidando razzismo e sessismo, tracciando le traiettorie per il Programma Mercury e la missione Apollo 11. 
Siamo nei primi anni 60, quindi nel pieno della segregazioni razziale negli Stati Uniti. Katherine ha delle capacità matematiche e di geometria analitica geniali ma ha un problema : la sua pelle è nera e tra gli scienziati bianchi stona, non quadra, non fa calcoli. Katherine è la prima persona di colore a lavorare nel gruppo e nell'edificio intero, che è dotato di bagni riservati ai soli bianchi: perciò, quando ha bisogno di andare in bagno, è costretta a camminare per quasi un chilometro per utilizzare l'unica toilette il cui utilizzo è consentito anche ai neri. Ma non è l'unica umiliazione: lavora il doppio, sostituisce qualche collega indolente e viene pagata poco. Ma la sua onestà e veracità prevale sui dispetti, alla fine riesce a portare a termine la delicata missione . Intanto aiuta anche le sue due amiche collaboratrici Dorothy e Mary, sempre africane, che rischiavano il licenziamento con la nuova invenzione del calcolatore computerizzato, a diventare programmatrici di un quel marchingegni moderno. Per farsi promuovere ingegnere, Mary riesce a ottenere da un giudice il permesso di assistere alle lezioni serali di un liceo frequentato solo da uomini bianchi, in modo da ottenere la specializzazione necessaria per la promozione e riuscendo a contribuire alla creazione della capsula termica. 
Il giorno del lancio, però, vengono rilevate delle discrepanze tra i calcoli delle coordinate per il rientro svolti a mano e quelli elaborati dal computer IBM. L'astronauta Glenn richiede che Katherine esegua il controllo finale, fidandosi più dei calcoli di una persona  che di quelli di una macchina. 
Katherine riesce a confermare le coordinate in tempo ma, dopo aver portato i dati, inizialmente non viene ammessa ad assistere al lancio; Harrison interviene, le dà un pass e la richiama in sala controllo per seguire il lancio insieme. Ma non tutto va liscio.... eppure lei riuscì a tenere sotto controllo gli ultimi contrattempi.  Grazie al successo del rientro di Glenn, Katherine continuerà a lavorare per la NASA e in seguito calcolerà anche le traiettorie delle missioni Apollo 11 e Apollo 13.

ERIN BROCKOVICH, FORTE COME LA VERITA' (2000)
Erin Brockovich, segretaria precaria di uno studio legale e madre trentenne di tre figli, libera sentimentalmente dopo due divorzi, spinta da curiosità, intraprendenza e senso della giustizia, indaga sulla Pacific Gas and Electric Company, che ha contaminato le falde acquifere di Hinkley, una cittadina californiana, provocando tumori ai residenti. Questa donna dimostra che la sua praticità ed emotività è talvolta superiore all'istruzione; tenace, vivace, curiosa, intraprendente, talvolta volgare e grotesca ma onesta e sincera fino al cinismo e la sfacciataggine. Lei dimostra come una persona "comune" possa offrire supporto ai professionisti ed essere senza laurea alla loro altezza. Non sopporta come gli avvocati lottano non per la giustizia ma per la loro carriera. Lei agisce e dimostra più che raccontare o fare discorsi per questo è emotiva ed esplosiva più che razionale ma concreta ed efficace. E' in caso di emergenza, come lei dise, si usano "le tette"
- Ed: “Come hai ottenuto tutti questi documenti, Erin? Queste sono confidenziali..."
- Erin: "Si chiamano tette, Ed."
Un messaggio secondario ma non meno importante potremmo esprimerlo con questa frase: "ciò di cui più ha bisogno una donna che lavora è di avere una brava moglie" Erin conosce George, apparentemente un uomo duro, selvaggio, amante delle moto, invece è dolce, tenero, un uomo che si prende cura die suoi figli e fa non solo di babysitter ma di mamma, l'uomo che tutte le donne vorrebbero. Infatti alla fine lei porta George a vedere la sua opera e le disse che senza di lui la salvezza sia di quelle famiglie che della sua non sarebbe stata possibile. 

L'UOMO CHE VIDE L'INFINITO (2015)
SAPEVA SCRIVERE MA NON SAPEVA LEGGERE 
"Un'equazione per me non ha senso, se non rappresenta un pensiero di Dio."
Una frase di Ramanujan
India Coloniale, 1912, un giovane chiamato Ramanujan è una mentre geniale e brillante in matematica, con un solo problema: non ha istruzione cioè è autodidatta, riesce a fare i calcoli più straordinari inventando i suoi personali procedimenti e formule ma incapace di darne alcuna dimostrazione. In altre parole è uno che sa scrive cose affascinante ma non sa leggere. Dopo grandi travagli lascia la sua terra e il suo amore, sua moglie Janaki, per andare nel famoso Trinity College di Cambridge dove lo aspetta una guerra intellettuale: la mediocrità e l'ignoranza dei più grandi matematici che mettono l'orgoglio e la carriera di fronte alla verità e la bellezza di un genio come questo umile indiano. Essendo un brahmano ortodosso traeva le sue più grandi ispirazioni ed intuizione dalla meditazione e la preghiera, univa la matematica allo spirito della natura. I suoi scritti sono ancora scandagliati per i loro segreti. I suoi teoremi sono applicati oggi in aree difficilmente immaginabili quando era in vita, il suo Tutor a Londra, G. H. Hardy, lo paragonava a Newton e forse di più, il più superlativamente grande matematico che l'India abbia prodotto nell'ultimo migliaio di anni. Ramanujan non aveva un metodo aveva un sentimento, per lui una equazione era giusta perchè la sentiva e la viveva, questo esempio era divino per l'ateo di Hardy. Le scoperte di Ramanujan contribuirono a creare la base per gli studi sulla teoria delle stringhe e dei buchi neri, la sua fu un'impresa verso l'infinito.
- La scienza più elevata scaturisce dalle più umili origini.
- Ci servono le dimostrazioni, noi siamo semplici esploratori dell’infinito alla ricerca della perfezione assoluta.
La storia è anche incorniciata dentro i sentimenti di una madre gelosa e possessiva ed una moglie devota e fedele, non mancano spunti critici contro il razzismo coloniale britannico. La grandezza non viene dall'appartenenza ad una nazione potente ma dal cuore di un uomo onesto.  

APOLLO 13
UN FALLIMENTO CHE E' DIVENTATO UN SUCCESSO
La missione di sbarcare sulla luna diventa un incubo quando  l'esplosione dei serbatoi d'ossigeno rende impossibile allunaggio e improvabile il ritorno sulla terra. Adesso il sogno è quello di poter tornare sulla terra, ecco il lato nascosto della Luna su cui il film diventa un vero capolavoro sentimentale: la vita famigliare di ogni astronauta, in maniera particolare quella del capitano Jim Lovell che aveva persino dedicato alla moglie un lago e una montagna sulla Luna e quando aveva davanti a se lo spettacolo lunare (già l'ho visto) per lui il suo sogno è poter riabbracciare la sua moglie e i suoi figli (la sua vera Luna, la luce riflessa del suo amore o sole). Alla fine dietro tutte le conquiste della tecnologia e la scienza si nasconde sempre la conquista che l'uomo cerca su se stesso. Un particolare degno di compassione: i giornalisti che all'inizio non erano interessati a diffondere la missione dell'Apollo 13, appena hanno saputo del rischio di morte, si sono avventati come degli avvoltoi come al solito a mangiare il dolore altrui sul quale vivono, per loro la luna da conquistare sono il pubblico a qualunque mezzo e prezzo. Infine, come diceva Talete di Mileto, non esiste forza umana più grande che il bisogno, nel momento della morte è ammirabile come scienziati ed astronauti hanno trovato le soluzioni apparentemente impossibili (come fare entrare un quadrato dentro un cerchio) pur di risolvere il problema dell'ossigeno mancante dentro la navicella spaziale. Un film umanamente meraviglioso, semplice ma emotivamente coinvolgente, troppo umano per non essere visto. 






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