L'Isola

OGNI UOMO E' UN ISOLA
L'avventura dell’anima intrisa di uno sconvolgente senso religioso, di un’ansia di redenzione interiore legata a reconditi rimorsi. Il tocco metafisico di Ostrov ha un indiscusso fascino dostojevskiano di tormentata spiritualità che si compenetra con una memorabile suggestione figurativa del paesaggio: i colori freddi come l'anima in pena ed agonizzante, un bianco e nero di sbiaditi ricordi nostalgici che avvolgono il peregrinare di Anatoly e trovano parentesi di calda luminosità nei momenti delle celebrazioni religiose e di semplicità.

LA GUERRA
Un ammiraglio con i suoi soldati trovano l’allora giovane Anatolj con il suo amico fratello. Le truppe del SS rappresentano il MALE che da inizio all’evento. Sempre il Male è lo scatto di molla nella storia: la caduta di Adamo ed Eva mette in moto la scoperta del mondo fuori dall’Eden, L’uccisione di Abele mette in moto la scoperta di altri continenti per Caino, la malvagità porta il diluvio che mette in moto la scoperta di una nuova terra (se noi fossimo coscienti del nostro Male si metterebbe in moto la scoperta di ciò che c’è al di la di noi stessi, oltre il nostro IO) … Il BENE è sedentario statico (quasi noioso nella sua monotonia) come il protone nell’atomo, mentre il Male è attivo sempre in agguato in movimento, più affascinante donde tentatore, come l’elettrone che gira senza sosta intorno al protone (è l’essenza della materia nella natura). Se potessimo guardare sempre in faccia il nostro male, il nostro bene sarebbe sempre creativo, non ci annoieremo, potremmo vincere la monotonia noiosa che si alberga nel Paradiso ( si pensi all’ambiente dell’isola che ospita il monastero, un posto di bene che però come tanti altri ambienti sacri tendono per natura a fossilizzarsi in una nuvola cupa per chi vi abita a lungo).
L’ammiraglio parla al giovane Anatolj in tedesco e questi non lo capisce: perché il male è straniero, parla una lingua diversa nella natura, appunto perché contro natura, viene fuori dal giardino, il serpente nell’Eden è intruso, il male noi lo percepiamo come un qualcosa che viene di fuori, straniero (la xenofobia e il razzismo hanno delle radice profondamente spirituali: paura di ciò che è oltre la nostra diversità). Il problema però è che la parte più sconosciuta di noi stessi, il nostro vero IO, il nostro Caino è straniero, è l’uomo vecchio che una certa spiritualità infantile ci ha insegnato ad ucciderlo per poterci salvare . . .

IL PROSSIMO CHE NON AMI E' IL TUO INFERNO
PADRE ANATOLJ... La sua preghiera è mossa dalla libertà dello spirito che lo invade: informale, disorientato, scomodo, antisociale, quindi in coro è una nota stonata, ma profondamente carica di significato, perché dimostra agli altri monaci (specialmente a padre Ioph, l’altro caino per padre Anatolj, perciò gli chiese: “quando morirò mi piangerai? Mi vuoi bene?), sono i pusillanimi che lodano Dio per sentirsi buoni e lodati solo da se stessi. Padre Ioph perciò non si spiega perché la gente cerca padre Anatolj, perché non essendo santo non riconosce la santità che c’è nell’altro: l’amore riconosce l’amore dove c’è, lo stesso la santità, anzi lo stesso il peccato: Anatolj riconosce il desiderio di uccidere o abortire nella ragazza incinta che cerca il suo consiglio; lei meravigliata chiese: “Come hai fatto a saperlo?” e lui le rispose: “perché anch’io ho ucciso”. Moltissimi non vedono nel proprio fratello spicchi di santità perché non possiedo proprio la santità in se stessi.

L’ISOLA
L’isola è un archetipo che simboleggia la propria coscienza, circondata dall’acqua altro simbolo di rinascita (battesimo) introspezione (sotto l’acqua c’è sempre l’ignoto) e trasparenza (verità). Il monastero è formato di isolotti, perché in fondo pur in comunità sono un gruppo di solitari. Non si fa una compagnia con l’unione di 2 o più solitudini, così come non si fa la forza con l’unione di 2 o più persone deboli.
Il monastero però ha nella sua struttura ambientale gli archetipi necessari per il viaggio errabondo infinito di Abele alla ricerca di Caino (di Gesù alla ricerca del peccatore): il freddo che minaccia la durezza del cuore che si congela nelle sue proprie commiserazioni, la solitudine rispecchio dell’anima, le nebbie della ragione, le alte maree (si tenga presente le belle immagini dell’acqua che spesso lambisce i pontili dell’isola) come le crisi di verità di confronto e di confusione che annegano alcune volte l’anima del solitario, ecc.

LA VERA GRANDEZZA SA ABBASSARSI
Il priore gli concede una benedizione di perdono: vivere nella cella del Superiore. Anatolj compiva il lavoro più penitente, il riscaldamento dell’isola tramite le fornace del carbone. Anatolj pensa che questa sua cella di fuoco, quel trasportare ogni giorno carriole di carbone (come peccati gia bruciati) alla fornaia sia proprio questa la sua benedizione. Quindi il mondo dello spirito va visto dal basso e non dall’alto, perciò Anatolj non va dal superiore ma contraccambia il favore con la grazia di far sì che sia il superiore a venire a vivere nella sua cella di fuoco. Non siamo noi che cerchiamo o andiamo da Dio, ma è lui che viene a trovarci (e non di rado tramite le disgrazie come l’incendio della cella priorale). Ironia da non sottovalutare: mentre il priore discute con Anatolj il Padre Ioph entra con in mano una gallina e disse: “ Reverendo grazie alle tue preghiere abbiamo spento il fuoco” mentre il Priore non aveva affatto pregato. Qui entra in gioco il potere della fede con cui Anatolj fa miracoli alla gente che da lui si reca …

Penso di avere Fede
perché è assurdo ciò a cui credo;
non perciò penso di essere assurdo,
soltanto per credere,
perché non tutto ciò che è assurdo
è altrettanto impossibile.

CERCANO DIO PER COMODO MA DI DIO SE NE FREGANO
Le persone che si recano da Padre Anatolj vengono spesso guarite, ma non è lui a far i miracoli, ma la fede e l’amore delle stesse persone che vi si recano. Gesù non disse: “Io ti salvo” ma “La tua Fede ti salverà”, vale a dire da te stesso, le tue forze, l’impegno del lungo viaggio fino all’isola, la voglia di redenzione, è quello il miracolo odierno che spesso noi non vediamo. Infatti, tante volte Anatolj si finge un inserviente, fa credere che il santo sia un altro, il santo che dorme in noi, per questo dice a molti: “Il padre Anatolj dorme” e non si fa vedere. I pusillanime cercano di far vedere il santo che non sono, mentre il santo spesso si nasconde nel peccatore che realmente è. Quando la madre di un bambino che non può camminare si rivolge al monaco, egli le mostra che l'impossibile è possibile: il bambino cammina. Ottenuto il miracolo, la donna vuole riprendersi il figlio e ripartire per andare a lavorare. Il monaco invece esige che ella offra la disponibilità del proprio tempo per accogliere il dono che le viene elargito.

LA PAURA DELLA PAURA
Quando un ombra si nasconde nel buio impossibile incontrarla, ecco la chiusura ermetica della paura della paura nell'inconscio umano. Noi abbiamo PAURA delle ombre che si annidano nella nostra coscienza e per questo le uccidiamo, cioè non le guardiamo in faccia. Anatolj uccide nel suo amico l’amore che Anatolj non ha per il suo fratello. Spesso nella vita spirituale noi facciamo questo: uccidiamo nel nome della nostra personale santità ciò che ci renderebbe veramente santi agli occhi di Dio, cioè riconoscere il nostro male. Nella vita spirituale nulla scompare, non esistono i rifiuti celesti o eterni, nell‘amore tutto è riciclabile. L’odio, la paura, i rimossi, le bugie e tutto ciò che di negativo c’è in noi, alla fine, ricompare, ma è come il letame, se ben usato non può che dare buoni frutti, come il bene stesso. Possiamo comportarci come vogliamo, farci apprezzare, nascondere i nostri pensieri cattivi, non vedere se stessi, ma prima o poi l’ombra entra dalla porta di servizio, perché sarà sempre lì, dietro le quinte dell’anima. Se perdoniamo l’ombra essa ne farà altrettanto, è uno specchio, un gemello non riconosciuto, separato, il Caino ucciso da un santo Abele. Purtroppo nell’inconscio le immagini sono sempre speculari, cioè al rovescio, ci guardiamo sempre dalla parte opposta; provate a guardare la vostra immagine nel fondo di un cucchiaio: è sempre rovesciata. Lo stesso avviene a chi riesce a guardare se stesso nell’inconscio, fuori de sé stesso, sarà questo il cammino che Anatolj farà nell’isola.

IL SAGGIO NASCONDE LE SUE RAGIONI NELLA FOLLIA QUANDO VIENE DERISO DAGLI STOLTI
Anatolj prega da Caino pentito ma si comporta da Abele redento. Le persone pusillanimi (pusillanime, cioè misero d’anima) piangono così tanto il loro peccato che infondo è come se non si sentissero perdonate, il rimorso se permane nell’anima la distrugge, piange orgogliosamente la sua propria purezza persa senza accorgersi che Dio la ama nonostante la sua sporcizia e finiscono per compiacersi del loro pianto, amano commiserarsi, indirettamente offendono Dio incapace di guarirli, non guardano il perdono di Dio, ma la loro purezza perduta, quindi piangono poi alla fine se stessi e non il Dio che hanno offeso. Padre Anatolj sì usa spesso parole tratte del vangelo, risponde alle provocazioni altrui con brani dei salmi, macina la preghiera di Gesù (abbi pietà di me peccatore) fino alla noia dell’inverosimile nella sua semplicità perché il più bello di Anatolj viene fuori quando borbotta quando parla con la ragazza pazza tramite versi, quando imita le galline e i gabbiani, quando fa prendere un colpo al suo priore nella fornaia del carbone, quando compie azioni folli come bruciare gli stivali del superiore e buttare al mare la sua coperta di piume imbottite. In poche parole: sembra più un Caino quando prega e un Abele quando si comporta. Per questo egli stesso dice: “Se la mia anima (Caino) non ha pace, che cosa vedono di santo (Abele) in me?”.

UCCIDI TE STESSO AMANDOTI: AMA IL TUO NEMICO
Caino ed Abele non sono altro che archetipi del bene e del male che ognuno di noi ha in se stesso. San Paolo li chiama l’uomo vecchio e l’uomo nuovo, in psicanalisi si chiama la nostra ombra e la nostra luce, il demone e il santo. Anatolj accetta la sfida del maligno: consegna l’amico alla morte per salvare la propria vita, antitesi del pensiero di Gesù: offrire la propria vita per l’altro. Sotto il profilo ascetico l’uomo nuovo (Abele) cerca di uccidere l’uomo vecchio (Caino) senza accorgersi di diventare Caino in se stesso, perché l’uomo vecchio va redento mai ucciso, la luce deve entrare nelle ombre, ma senza le ombre non potrebbe esistere la luce, senza il caos non sarebbe possibile fare l’Ordine.

ABELE PERDONA CAINO PERCHE SA
CHE CAINO AMAVA ABELE ALLA MORTE
Il destino porta l’ammiraglio a cui il giovane Anatolj aveva sparato, a visitare l’isola, porta la sua figlia pazza (la sua pazzia di uomo tradito) nelle mani del pazzo Anatolj. Nella rilettura psicanalitica la figlia dell’ammiraglio è il frutto del suo passato, la pazzia, per questo lui dice ad Anatolj: “Non ho avuto mai paura di nessuno, tranne di me stesso”. Allora Padre Anatolj confessa la causa del suo peccato a colui che fu la ragione del suo peccare e dice all'ammiraglio: “Ho paura di morire con questo peso … ho ucciso”. L’ammiraglio ormai guarito (perché sua figlia non era più pazza) si prese il peso della colpa di Anatolj e lo perdona a sua volta: “il tuo amico non è morto, gli hai solo sparato alla mano ed è caduto in mare, ma la mattina dopo l’hanno ritrovato” . Con questa misericordiosa scoperta l’ammiraglio semina la speranza eterna della vita dell’amico morto, nel perdono che finalmente Anatolj accoglie. Così dunque come è la tua fede a salvarti e non solo Dio, così non è solo il perdono di Dio quanto il perdono di chi tu hai offeso che ti salverà: Anatolj perdona l’ammiraglio guarendo la sua pazzia mentre l’ammiraglio accoglie il perdono di Anatolj assumendosi il dolore redentivo e dando la pace per Anatolj. Si sono perdonati a vicenda, hanno portato a vicenda il peso o la colpa l’uno dell’altro, nella libertà di salvarsi a vicenda. L’eterno dilemma: se sono libero perché mi devo salvare? Mi salvo per essere libero o devo essere libero per salvarmi?.

E SE ABELE NON FOSSE MORTO?
Abele non è morto (che fregatura? Soffrire per un nulla, come a volte ci pare la vita insensata), la vita errante di Caino, le sue preghiere la sua penitenza il suo piange su un fantasma inesistente … tutto uno spreco di pietà unitile. E’ pur vero che Gesù si è assunto la colpa pur essendo innocente, ma ne era consapevole, quindi è una consapevolezza redentiva, mentre Anatolj è vissuto nel rimorso, nel pianto, nella penitenza, nel pentimento malsano perché inconsapevole, irrazionale, non redentivo. Avrebbe potuto il buon Dio fargli un cenno per fargli intendere di non assumersi la colpa inesistente, di non piangere per un morto che era invece vivo. Il peccato inconsapevole può essere germe potenziale di redenzione, la colpa inconsapevole non germoglierà mai null’altro che delusione ed arrivare alla morte con questa consapevolezza di vuoto è davvero uno smarrimento per l’anima umana. Infatti Anatolj muore ancora chiedendo a Dio di accoglierlo come Peccatore… questo è follia pura. Non siamo noi che dobbiamo dare delle ragioni a Dio sulla vita, ma è Dio che ci dovrà spiegare e darci delle ragioni su tante cose!!!

PROVA PIÙ GIOIA DIO NEL PERDONARE
CHE L'UOMO NELL'ESSERE PERDONATO
Chi non sa amare non sa perdonare, chi non sa perdonare non sa vivere, perdona solo chi si sente perdonato, soltanto gli uomini liberi sanno donare ed offrire libertà agli altri. Se è pur vero che 2 solitudini non fanno una compagnia, né due debolezze una forza, neppure due bugie che si sostengono a vicenda possono sostenere una verità, ma in questo caso allora il film rivela come il rapporto dell’uomo con Dio rimanga sempre appeso al filo di una bugia: credere o meno nel perdono di Dio, e questa convinzione se vera o meno lo sa solo Dio e la pace dell’uomo che si sente salvato, cioè perdonato. Solo allora si può lasciare questo mondo di bugie nella piena certezza che la morte (come quella di padre Anatolj) sia solo un viaggio di Caino all’incontro di Abele.

LE CAMPANE ROTTE FANNO RUMORE
MA NON SUONANO PIÙ ...
La cosa peggiore del peccato,
non è ciò che hai fatto in sé peccando,
ma quello che senti dopo aver chiesto perdono,
perché Dio sempre ci perdona,
ma non sempre noi sappiamo perdonare se stessi,
donde il senso di colpa e di rimorso:
ecco questo è il vero peccato,
cioè non credere fino in fondo
alla remissione TOTALE della colpa.

MUORE INVANO CHI VIVE INVANO
Caino errante, vagabondo per sbaglio, colpevole innocente come gli essere umani che rimpiangono un paradiso che non è aldilà ma qui, rimpiangono un’amicizia che non è esistente, l’amore eterno per il fratello che non esiste, che non è morto, ma vive ancora per farci sentire alla fine morti sotto il peso della contraddizione: l‘inferno è il tuo fratello che non ami e in lui trovi il tuo demone nascosto. La morte di Anatolj allora prenderebbe le sembianze di una delusione, perché non si può soffrire così invano, a meno che pure Dio sia banale. La vita non può avere le sembianze di un sacrificio inutile, come quello della vita di Anatolj nell’isola, quindi come quella di Gesù in mezzo agli uomini? Sarebbe questa la pazzia della figlia dell’ammiraglio, la pazzia del male che ci confonde, la pazzia della religiosità dell’uomo nei confronti di Dio.

IL PECCATO ORIGINALE FU AVERLO INVENTATO
Il peccato originale non esiste, il peccato fu aver inventato questo atroce senso di colpa esistenziale. Possiamo ammettere di nascere NEL peccato (cioè NEL mondo o società corrotta) ma nessuno nasce CON un peccato. E se quella follia inconsapevole fosse la follia del pensiero religioso? Cioè sentirsi colpevole di un peccato originale che poi alla fine non esiste? L’ironia del film si gioca sulle diverse interpretazioni, come è ironica la vita stessa con le diverse vicissitudini che ci capitano odiernamente. L’ammiraglio simbolicamente prende le forme del destino, del caso, dell’ambiguità del futuro.
L'uomo si nega di essere perdonato (come il diavolo) per far sentire Dio sempre Dio in colpa, perchè affermare che esiste il peccato originale è affermare altrettanto che non esiste la misericordia originale.
Ma un altro colpo di genio alla fine del film è pensare che (così come lui era innocente di un crimine mai commesso) potremmo dedicare tutta la nostra vita per una causa che alla fine non esiste, persino lo stesso Dio? 

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.